“La mente non è un vaso da riempire ma un fuoco da accendere” (Plutarco)
Ogni volta che un paziente entra nel mio studio la cosa più importante che devo fare è sgomberare la mia mente: è fondamentale per me poter consentire che esigenze e particolarità del paziente vengano fuori, tutte insieme o piano piano.
Ogni paziente entra da quella porta con delle aspettative diverse, con un dolore diverso, con una storia diversa: il più grande errore che potrei fare sarebbe quello di dire: “ho giè capito tutto”.
Anche la ricerca scientifica in medicina, strumento di studio più importante presente al giorno d’oggi, dopo aver raccolto dati su dati con campioni sempre maggiori, si sta rendendo conto che la persona non può essere ridotta ad un numero, avulsa dal suo contesto.
Ogni volta che un paziente entra dalla mia porta può avere delle aspettative o delle caratteristiche che sono chiare e manifeste, ma può averne anche di profonde e inconsce, che sono come semi che devono trovare nella relazione con il terapeuta il terreno fertile per trasformarsi ed emergere.
Ogni mal di schiena che entra dalla mia porta è diverso da quello che è uscito un attimo prima. Perchè io non mi occupo del mal di schiena ma della persona.
La relazione di cura, nella quale il paziente si affida al terapeuta, ed il terapeuta prende in carico il paziente, è il primo step per iniziare una collaborazione che porterà la persona a stare meglio.
Oramai è chiaramente fallito il modello secondo il quale un mal di schiena è solo un problema fisico che si risolve con una manipolazione fatta dal grande esperto o da un suo rampante assistente.
Ogni mal di schiena, male al collo, cefalea, ogni dolore porta dentro di sè un carico di responsabilità che il paziente si deve assumere per favorire la guarigione.
Per esempio, se un mal di schiena deriva da una posizione errata in ufficio, posso massaggiare la muscolatura con le più moderne tecniche o macchine disponibili sul mercato, ma un’ora a settimana di massaggio non possono competere con 30-40 ore di postura scorretta.
Un altro esempio è uno stato infiammatorio legato ad uno stile di vita carico di stress o contraddistinto da una cattiva alimentazione: la comprensione degli errori da parte del paziente è fondamentale per un processo di cura più efficace.
Poi è ovvio, ci sono mal di schiena privi di importanti implicazioni socio-emotive, ci sono dolori cervicali che passano con poche sedute, ma la cosa più importante è non sottovalutare mai una situazione marchiando ogni paziente come un “caso clinico” od una “semplice disfunzione articolare”.
Il mio ruolo è quello di accendere con voi il fuoco della salute, coinvolgervi nel miglioramento del sintomo: spiegarvi tutto quello che serve per farvi capire da dove viene il dolore, cercare con voi strategie adatte per gestirlo o rimuoverlo, e poi ovviamente trattare manualmente il dolore o la sua causa.
Senza mai banalizzare o standardizzare un fenomeno complesso come il dolore.